Emergenza Covid, Teramo contro la Regione "ribelle" che ha allentato il lockdown

TERAMO – Scontro istituzionale tra Comune di Teramo e Regione Abruzzo sulle misure più permissive introdotte tramite ordinanza dal governatore Marco Marsilio per allentare il lockdown. Dopo che la Città di Teramo ha usufruito di una di quelle norme più permissive per il Primo Maggio di Virtù (la vendita da asporto take-away, che nel resto d’Italia sarà consentita solo dal 4 Maggio), il sindaco di Teramo Gianguido D’Alberto si scaglia duramente, senza nominarla, contro la Regione Abruzzo “ribelle”, che decide autonomamente sull’allentamento del lockdown, confondendo la testa ai cittadini, complicando i controlli delle forze dell’ordine, esponendo a maggiori rischi di contagio la popolazione. Queste le argomentazioni.

“Quali sono le basi scientifiche e le valutazioni sanitarie che supportano queste decisioni?”, è la domanda del sindaco di Teramo

 

«BASTA CON ORDINANZE REGIONALI ADOTTATE SENZA CONDIVISIONE TRA I LIVELLI ISTITUZIONALI E CHE PRODUCONO SOLO CONFUSIONE E DISORIENTAMENTO NEI CITTADINI E DIFFICOLTA’ NELL’APPLICAZIONE E NEL CONTROLLO DA PARTE DEI SINDACI E DELLE FORZE DELL’ORDINE. QUALI SONO (SE CI SONO) LE VALUTAZIONI SANITARIE CHE LE SUPPORTANO? SI TORNI SUBITO RESPONSABILMENTE ALL’UNITA’

Nel momento più difficile nella storia del nostro Paese, nella delicata ed incerta fase in cui, come istituzioni, si sta lavorando insieme e con fatica per ritornare gradualmente ad una condizione di ordinarietà, ritengo necessario esprimere la netta contrarietà, nei tempi, nel metodo e nel merito, rispetto al susseguirsi spasmodico di Ordinanze regionali che, a pochi giorni dall’approvazione del DPCM del 26 aprile 2020, smantellando con previsioni generiche e ingiustificate le disposizioni emergenziali sanitarie vigenti in tutto il livello nazionale, stanno creando una evidente incertezza e una grandissima confusione e disorientamento tra i cittadini, esponendoli con ciò a rischi inutili, una inaccettabile difficoltà nell’applicazione e nella vigilanza da parte di tutte le forze dell’ordine che devono attuarle in raccordo con le disposizioni nazionali, un imbarazzo tra noi sindaci che sul territorio dovremmo dare risposte e indicazioni chiare.

In una sola frase, si rischia di determinare un caos istituzionale inaccettabile soprattutto nella delicata fase che stiamo vivendo sotto l’aspetto sanitario, con un riflesso inevitabile sul piano sociale per le nostre comunità.

Ci tengo a ribadire che nessuna di queste ordinanze è stata concordata né tantomeno messa a conoscenza di noi sindaci, nessuna consultazione si è svolta. Tutto ciò in contrasto con il principio di leale collaborazione istituzionale, con il rischio di smantellare tutto il sistema di prevenzione emergenziale. Non sappiamo, ad esempio, se le aperture di attività previste siano all’interno del singolo comune o permettono lo spostamento in altri comuni della nostra regione, non sappiamo che indicazioni dare alle nostre polizie locali in via generale per far rispettare quanto previsto dalle ordinanze che peraltro non si pongono in linea con lo spazio di autonomia previsto per le regione dalla normativa nazionale.

Ma soprattutto, non sappiamo se ci siano e quali siano valutazioni sanitarie puntuali che le supportino, che le giustifichino, che le sorreggano sul piano scientifico. Quali pareri sanitari a loro sostegno sono stati resi?

Ricordiamo che la normativa emergenziale di questo tempo, soprattutto quella adottata con il potere di ordinanza, può trovare un fondamento ed essere motivata solo da ragioni di maggiore tutela della salute come diritto dei cittadini e interesse generale della collettività. 

Nessuno afferma, né può affermare che l’attuale normativa nazionale emergenziale sia perfetta o che non necessiti di più incisivi interventi migliorativi, e anche noi comuni stiamo facendo sentire la nostra voce in tutti i tavoli istituzionali, per tutelare le istanze delle nostre comunità, per il presente e per il futuro, ma mai senza perdere la bussola della seria responsabilità nella condivisione istituzionale di decisioni che riguardano la vita di tutti noi.

Interrompiamo immediatamente questa competizione tra livelli di governo, torniamo al serio e responsabile dialogo istituzionale ed evitiamo di trasformare una fase storica decisiva per il nostro futuro in una miope sfida istituzionale permanente che di certo, così impostata, non avrà né vincitori né vinti, ma che avrà un riverbero pericolosamente dannoso sui diritti fondamentali dei cittadini che di questa sfida rischiano di pagare, incolpevoli, gli effetti.

Solo insieme e collaborando possiamo uscire da questo dramma della nostra epoca che ci coinvolge tutti, nessuno escluso, nelle responsabilità e nelle conseguenze». 

Gianguido D’Alberto, Sindaco di Teramo